La promozione e la tutela dei diritti umani fondamentali non hanno nulla a che vedere con i CIE e con i CARA.
Lo sappiamo tutti ormai. È sotto gli occhi di tutti il trattamento inumano e degradante che viene perpetrato sulla pelle dei migranti in questi centri.

Lo sa l’ONU, che il mese scorso ha inviato un gruppo di osservatori sulla detenzione arbitraria i cui rappresentanti si sono detti “seriamente preoccupati per la durata della detenzione amministrativa degli immigrati”, “per le condizioni di detenzione nei CIE” e per i “rimpatri sommari di individui, compresi in alcuni casi minori non accompagnati e adulti richiedenti asilo”.

Lo ribadisce una sentenza del Tribunale di Crotone limpida e fedele alla Costituzione italiana, la n. 1410 del 12 dicembre 2012, emessa dal giudice Edoardo D’Ambrosio: “reagire ad offese ingiuste”, scrive D’Ambrosio, “è un atto di legittima difesa”. Allorché la dignità umana è calpestata e la giustizia oltraggiata, egli afferma, ribellarsi è legittimo. E lo è non solo sul piano morale, ma anche su quello specifico del diritto, nazionale ed europeo. Nella sentenza il giudice D’Ambrosio descrive i CIE come delle “strutture al limite della decenza, intendendo tale ultimo termine nella sua precisa etimologia, ossia di conveniente alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani”. E rimarca: “esseri umani in quanto tali, non in quanto stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio nazionale”, i quali andrebbero trattati secondo lo “standard qualitativo che si applica (o dovrebbe applicarsi) al cittadino medio, senza distinzione di origine, nazionalità, condizione sociale”.

Lo sanno gli enti di tutela e di promozione dei diritti umani, che da anni denunciano le condizioni in cui versano le persone trattenute all’interno dei CIE e dei CARA e chiedono la chiusura di questi centri, monitorando costantemente la situazione al loro interno e promuovendo iniziative di sensibilizzazione verso ciò che avviene, nel più totale silenzio, in essi.

L’Arci sostiene tutti coloro che rompono il silenzio attorno a questi non luoghi. Esprimiamo perciò la nostra solidarietà agli autori di Dinamo Press, destinatari di un provvedimento di sequestro preventivo di un articolo in cui denunciavano la violazione dei diritti umani dei migranti trattenuti nel CIE di Ponte Galeria, un atto che sembra assumere dei connotati intimidatori verso la libertà di informazione .

Manifestiamo ancora una volta tutta la nostra preoccupazione per la gestione del CIE e del CARA di Castelnuovo di Porto. Allorché la dignità umana è calpestata ribellarsi è legittimo: sono mesi che i richiedenti asilo ospiti del CARA chiedono che i collegamenti verso Roma siano garantiti, che sia data loro la possibilità di acquistare generi alimentari anche al di fuori della struttura, che sia sempre presente un servizio di mediazione linguistica.

L’Arci continua a monitorare quello che accade e chiede di fare chiarezza sui provvedimenti di revoca dell’accoglienza emessi dalla Prefettura sulla base di una relazione dell’ente gestore.

Non possiamo tacere. Non possiamo essere indifferenti: i diritti umani sono quei diritti fondamentali garantiti dai primi 12 articoli della nostra Carta Costituzionale, oltre che da normative internazionali, ad ogni essere umano. Sono quei diritti rispetto a cui non si può retrocedere, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Claudio Graziano
Responsabile Immigrazione Arci Roma