Si è svolta presso la sede romana di Amnesty International la presentazione del terzo rapporto annuale che fa emergere come l’Italia, e in particolare Roma e Milano, non sia un Paese per Rom. Già dal titolo del rapporto, “Ai margini. Sgomberi forzati e segregazione dei Rom in Italia”, si intuisce come nodo centrale del rapporto sia la situazione abitativa dei rom.

Apre i lavori Christine Weise, presidente di Amnesty International Italia, osservando come questo terzo rapporto ci porti ad un ragionamento sullo stato di diritto e la democrazia: se un paese si giudica in base a questi due elementi, in Italia siamo in totale assenza di democrazia e di diritti. Hanno preceduto questo rapporto altri due: uno nel 2010, che ha esaminato nello specifico gli sgomberi dei campi di Roma; e uno nel 2011, che ha esaminato gli sgomberi di Milano. Era giunto il momento di fare un rapporto sulla situazione in Italia, e così è venuto fuori questo terzo rapporto.

Nel 2008 si è dichiarato lo “stato di emergenza nomadi” sulla base del quale è stato varato un piano nomadi dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato nel 2011. Il piano nomadi, infatti, ha portato avanti per tutto questo periodo una continua violazione di diritti umani ai danni del popolo rom: “i campi vengono sgomberati senza consultazione, preavviso e offerta di un alloggio alternativo”, osserva Elisa de Pieri, ricercatrice di Amnesty.

Ma se da un lato il governo Monti si impegna mediante i trattati internazionali volti al rispetto razziale dei diritti umani e presentando in febbraio una strategia nazionale di inclusione dei rom, sinti e caminanti (ancora non attuata!) all’Unione Eurpea, d’altro lato nel febbraio 2012 fa ricorso in Cassazione contro la sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato illegittimi gli sgomberi. Nei fatti, quindi, il Governo Monti non opera politiche discontinue rispetto al passato e rispetto agli enti locali.

Amnesty International ha così deciso di ricorrere alla Commissione Europea affinchè quest’ultima avvii una procedura d’infrazione contro l’Italia sulla base della Direttiva sull’uguaglianza razziale, per il trattamento discriminatorio dei rom rispetto al loro diritto a un alloggio adeguato.

Elisa De Pieri, ricercatrice Amnesty International, sottolinea come l’associazione si occupa dei diritti dei Rom in Europa dal 2006 e come questo rapporto sia di carattere internazionale. In Francia, per esempio, si fanno sgomberi senza prospettare politiche alternative: questo avveniva tanto con Sarcozy quanto ora con Hollande. L’Italia si inserisce perfettamente in questo quadro e il problema della violazione dei diritti umani dei rom richiede risposte europee.

Amnesty indaga dal 2009 la violazione al diritto all’alloggio adeguato dei rom: è emerso che vi sono continue e sistematiche violazioni all’alloggio adeguato senza prospettare un rimedio effettivo e una riparazione adeguata. Nella migliore delle ipotesi, quando un campo viene sgomberato, i rom vengono spostati in altri campi dove è difficoltoso accedere ad acqua, luce e servizi sanitari. Altre volte, invece, i rom ricostruiscono delle baracche nei pressi del campo appena sgomberato, con una situazione igienico sanitaria ancor più precaria. A ciò si aggiunge il problema relativo alla scolarizzazione dei bambini: diventa difficoltoso per loro continuare a seguire la scuola nella stessa classe dove hanno iniziato l’anno.

Le case popolari sono di difficile accesso per i rom: quasi un miraggio! I requisiti per le graduatorie sono, infatti, escludenti: viene richiesta la residenza (come si fa ad essere residenti in un campo rom non autorizzato?), vengono assegnati dei punti se si viene sfrattati da alloggi privati, non se si viene sgomberati da un campo; viene assegnato un punteggio alto se si lavora nella città dove si fa richiesta di casa popolare da almeno 5 anni, ma i rom spesso lavorano in nero. La De Pieri aggiunge che la vicesindaca di Roma, Sveva Belviso, ha dichiarato l’11 settembre che i rom devono scordarsi le case popolari e che il piano nomadi romano è apertamente discriminatorio.

Dal rapporto emergono sostanzialmente tre grandi aree di discriminazione:

Gli sgomberi forzati continuano. Nei primi sei mesi del 2012 sono state sgomberate oltre 850 persone rom a Roma e oltre 400 a Milano. Ovviamente gli sgomberi sono stati fatti senza preavviso e senza la possibilità di scegliere alternative adeguate in riferimento a un periodo medio-lungo.

La chiusura dei campi continua. Il 31 luglio è stato chiuso il campo di Tor dè Cenci, a Roma.

C’è una segregazione etnica-abitativa. A Roma la segregazione continua: è stato costruito il nuovo campo La Barbuta in maniera tale che i rom siano isolati. Il campo è isolato, ci sono le telecamere di sorveglianza, il quartiere più vicino è a 2,5 Km e per raggiungerlo si deve camminare necessariamente su una strada principale sprovvista di marciapiede. Non c’è pari dignità sociale e ci si chiede: “è legale dopo la sentenza del Consiglio di Stato dello scorso novembre?”

Giusy D’Alconzo, direttrice ufficio campagne e ricerca di Amnesty International Italia, ricorda come il 22 settembre sia la giornata del diritto all’abitare dei rom e come la campagna abbia maggiore effetto nella società civile che nelle istituzioni italiane.

Dzemila, una attivista rom, ci porta la sua testimonianza: “Chi è fuori dalla città non ha diritti perché è ai margini, non si vede. A Roma in particolare ci sono parecchi sgomberi: c’è la crisi per tutto ma non per gli sgomberi, che pure hanno un costo. E’ stato fatto un calcolo e negli ultimi anni sono stati spesi 7 milioni di euro per gli sgomberi: potevano usarli per costruire delle case popolari.

Io sono una cittadina italiana, come molti rom, ma noi siamo ai margini, non siamo come gli altri italiani. Per noi rom non c’è la possibilità di migliorare la nostra condizione di vita: siamo condannati a essere ai margini. E ciò vale in particolar modo per le donne. Quando ho iniziato a lavorare, a 18 anni, potevo solo fare la baby sitter e le pulizie ma nessuno mi ha mai richiamata dopo i colloqui che un prete mi procurava, rassicurando i capi di turno che ero una brava ragazza. Un po’ più grande ho cercato casa, col contratto di lavoro, ma nessuno mi ha voluto affittare una casa. Parlano tanto di integrazione, ma nessuno ci fa integrare. Siamo esseri umani!à Se non ci si da questa opportunità non si può parlare di integrazione”

Conclude Elisa De Pieri, che ci elenca le richieste di Amnesty:

Attuare la sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2011, ritirare il ricorso in Cassazione e fornire un risarcimento alle vittime di violazioni dei diritti verificatesi a seguito dell'”emergenza nomadi”

Attuare la strategia di inclusione dei rom, sinti e caminanti

Adottare tutte le misure necessarie per assicurare che gli sgomberi forzati cessino in tutta Italia e per eliminare la segregazione nei campi autorizzati

Un processo di dialogo con i residenti rimasti a Tor dè Cenci per esplorare possibili alternative di alloggio

Effettuare una valutazione sulla sicurezza e sulla salubrità del campo per i residenti della Barbuta

Rivedere e modificare la legislazione, le politiche e la prassi riguardante le case popolari e l’accesso ad esse.