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Apre i lavori Enrico Giovannini, Presidente dell’Istat, il quale spiega che questo rapporto è nato in occasione dell’anno europeo della povertà e dell’esclusione sociale. Continua sottolineando come la statistica deve riuscire a mettere le persone al centro,raccontando la realtà ma andando oltre i dati: a dimostrazione di ciò viene proiettato un piccolo filmato, “Persone senza dimora ma non senza volto”, a cura di Lucrezia Lo Bianco.

E’ stato fatto un censimento dei servizi a cui si possono rivolgere i senza fissa dimora nei 158 comuni esaminati e le interviste sono state somministrate nelle mense e nelle accoglienze notturne.

Ciò che è emerso dallo studio è che ci sono eventi critici che hanno portato a questa condizione. Va sfatato anche lo stereotipo che i senza dimora sono uomini che hanno scelto questa vita: infatti, ci sono anche donne e giovani.

La dottoressa Sabbadini, direttrice del dipartimento per le statistiche sociali ed ambientali, entra nel merito della ricerca spiegandone i dettagli. Tra novembre e dicembre 2011 i senza fissa dimora sono 47.648 nei 158 comuni esaminati, e in maggioranza al nord: rappresentano lo 0,2% della popolazione residente. Il 44% sono tra Milano (13.115) e Roma (7.827). A Roma il 47,6% sono stranieri

Il 9,3% degli intervistati ha difficoltà ad interagire, per inabilità fisica o dipendenza, e il rilevatore ha dovuto aiutarlo a rispondere alle domande.

I senza fissa dimora in maggioranza sono:

Uomini (86,9%)

Hanno meno di 45 anni (57,9% – in media 42,2 anni)

Hanno una licenza media inferiore (due terzi)

Vivono soli (72,9%)

Sono stranieri (59,4% – di cui rumeni 11,5%; marocchini 9,1%; tunisini 5,7%)

In questo quadro gli stranieri sono

Più giovani: hanno in media 36,9 anni

Più istruiti: hanno il diploma (40,8%) o una laurea (9,3%)

Il 20% era senza dimora già prima di arrivare in Italia

Il 61,4% degli stranieri non ha mai avuto una casa in Italia

Il 49,7 degli stranieri è senza dimora da meno di sei mesi. Il 24% degli italiani è senza dimora da 4 anni. Ciò significa che la situazione è più cronica per gli italiani e che hanno maggiori difficoltà ad uscire da tale situazione.

Il 28,3% dei senza fissa dimora lavora, anche se in modo saltuario e poco sicuro e con occupazioni a bassa qualifica. In media lavorano 13 giorni al mese e con un guadagno di 347 € al mese: in questo senso non emergono particolari differenze tra italiani e stranieri. Le persone che non svolgono alcuna attività lavorativa sono il 71,7% del totale. Il 61,9% ha perso un lavoro stabile a seguito di un licenziamento e/o chiusura dell’azienda (22,3%), fallimento della propria attività (14,3%), motivi di salute (7,6%).

Tra gli stranieri è diffusa la difficoltà a trovare un lavoro per la irregolarità nei documenti.

Il 17,9% dei senza fissa dimora non ha fonte di reddito

Il 57,6% ha una sola fonte di reddito.

Il 24,5% ha due o più fonti di reddito.

Il 53% riceve aiuti in denaro da familiari, amici o associazioni di volontariato.

Gli eventi critici che segnano essenzialmente il destino dei senza fissa dimora sono tre:

Perdita del lavoro (61,9%)

Separazione dal coniuge e/o dai figli (59,5%)

Cattive condizioni di salute (16,2%)

L’8,2% dei senza fissa dimora ha vissuto tutti e tre gli eventi.

Il 74,5% vive solo.

Tra gli stranieri è più elevata la quota di chi mantiene i contatti con amici e parenti ma non li vede; viceversa per gli italiani.

Nei 12 mesi precedenti l’intervista, oltre al servizio in cui sono stati intervistati, l’89,4% ha utilizzato almeno un servizio di mensa, il 71, 2% un servizio di accoglienza notturna, il 63,1% un servizio di docce e igiene personale, il 60,6% la distribuzione abiti, il 54,7% i servizi sanitari. Gli stranieri usano maggiormente i servizi mensa e di igiene personale; essi dormono più spesso in luoghi pubblici o in alloggi di fortuna.

Le donne sono il 13,1%, ovvero 6.238. Il 43,3% di esse è di nazionalità italiana. Tra le straniere prevalgono le cittadine rumene, ucraina, bulgara e polacca. Hanno, in media, 45,1 anni e il 27,4% di esse ha più di 55 anni. Il 25,3% dichiara di avere un lavoro che viene svolto, in media, per 14 giorni al mese e con un guadagno di 314€ al mese. Il 21,3% dichiara di essere senza dimora da meno di un mese.

Don Francesco Soddu, Direttore della Caritas Italiana, sottolinea come senza la persona, la lotta alla povertà sia nulla. Il governo – continua – si è impegnato a risolvere il problema dei senza tetto entro il 2015 e auspica si vada avanti in tal senso. Se per gli stranieri si può supporre che la situazione sia temporanea, per gli italiani no. E il problema scatenante è il lavoro, che equivale a perdere la dignità. In tal senso si devono superare gli interventi spot.

Paolo Pezzana, Presidente della federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora -fio.PSD , sottolinea come la L.328/2000 e l’art.28 (“interventi urgenti per le situazioni di povertà estrema”) siano stati una buona base da cui partire. Pezzana ricorda con favore anche il ruolo di Ferrero, ministro della solidarietà sociale, e il lavoro che egli ha fatto con la Convenzione per connettere le associazioni. Ciò vuol dire – continua – che anche nelle istituzioni e nella politica ci sono le persone serie.

I dati emersi dallo studio portato avanti dall’Istat demoliscono i pregiudizi. Lo 0.2% della popolazione è un dato che si registra nelle grandi aree dell’occidente . A livello europeo c’è una ricerca sulle varie categorie di disagio: i nostri dati possono essere paragonati e integrarsi con essi. I nostri dati sono la punta dell’iceberg: chiunque di noi può diventare un senza fissa dimora.

Investire nella scuola e nella famiglia non è una ideologia qualunque, ma è una prevenzione contro la competizione sfrenata della società in cui viviamo che può portare a diventare dei senza fissa dimora. I senza fissa dimora devono essere rinclusi nella società gradino per gradino, in particolare ai servizi: se 2000 sopra i 65 anni sono senza dimora equivale a dire che sono senza chance.

Solo il 17% dei senza dimora vive di elemosina. Gli altri vivono con 0 €. Come fanno? Sono dei maestri. In un paese dove una persona che prende 8000 € al mese e non sa come farà a vivere se gli diminuiranno lo stipendio ciò è emblematico.

Pezzana ha delle proposte:

Non si può più aspettare ma si devono attuare delle misure di contrasto alla povertà, almeno alla povertà assoluta: ci vuole un reddito minimo.

Bisogna risolvere il problema della residenza anagrafica (si ricordi la campagna “residente della Repubblica”): molti si rifiutano di dare una residenza se non si ha una dimora dove stabilirla e di conseguenza non si è titolari di diritti. Al centro c’è l’housing (non i dormitori ma una sistemazione sostenibile), come negli altri paesi europei.

Nel campo delle politiche del lavoro dovremmo fornire una “occupazione significativa” prendendo spunto dai paesi europei. E’ facile che la comunità si occupi dei senza dimora se il soggetto, per esempio, si occupa dei giardini del quartiere e che si muovano dei capitali che la pubblica amministrazione non può muovere.

Conclude Maria Cecilia Guerra, Sottosegretario del Ministero del lavoro, che evidenzia che è importante capire e uscire dagli stereotipi. Continua dicendo che c’è una distanza da colmare e che ci fa comodo pensare che sia una scelta essere dei senza dimora. Bisogna pensare a politiche sociali che partono dalla presa in carico con specificità della situazione dell’utente, bisogna fare rete coinvolgendo più soggetti (pubblica amministrazione e no).

Italiani e stranieri sono diversi, a quanto emerge dai dati: sono due storie diverse con percorsi diversi, che richiedono risposte diverse. Gli stranieri sono giovani che richiedono attivamente il lavoro. Il modo in cui si guarda l’immigrazione è ancora ricco di stereotipi (per es, si pensa ancora che gli immigrati debbano fare i lavori che gli italiani non vogliono fare). Il ministero non farà un decreto flussi perché abbiamo un alto tasso di disoccupazione e non vogliamo incentivarlo.

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