Si chiama rappresaglia, si chiama punizione collettiva quello che sta accadendo a Gaza. Il governo israeliano e il suo esercito devono essere fermati. L’Italia si impegni per misure immediate

Dal 7 ottobre scorso, i morti palestinesi nella Striscia sono più di 2.500*. Quasi 10.000 ormai i feriti. Si parla di più di 700 bambine e bambini, circa 450 donne e un migliaio di persone disperse sotto le macerie. Si contano 600.000 civili in viaggio dalle zone nord e centrali della Striscia di Gaza attraverso strade definite sicuredalle forze militari israeliane, ma che invece sono state bombardate. Morti e feriti tra la popolazione si contano in questi giorni anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. 

Stringere in una morsa una città già assediata da anni. Bombardare persone senza vie di fuga. Tagliare acqua, luce, gasolio, cibo.

Obbligare all’evacuazione una popolazione intera. Sapere che gli invalidi e i malati non possono evacuare, e non fare eccezioni. Costringere 600.000 persone ad ammassarsi in aree limitate in condizioni di vita impossibili.

Radere al suolo quartieri, e bombardare le strade usate per fuggire. Uccidere famiglie intere, bambini, anziani.

Chiedere agli ospedali di evacuare. Sapere che non ci sono ambulanze né apparecchiature salvavita per trasportare i malati – e non fare eccezioni. Bombardare, per obbligarli ad andarsene.

Uccidere medici e infermieri, giornalisti, personale Onu. Mancano persino i sacchi per i morti, a Gaza.

Si chiama rappresaglia, si chiama punizione collettiva.

E’ vietata dal diritto umanitario internazionale e di guerra. Non è giustificata da nulla, nemmeno da altri crimini subiti.Ed è vietata ancor di più allo stato occupante, che ha sempre l’obbligo di garantire vita e dignità alle popolazioni occupate. Sempre, senza eccezione alcuna.

L’orrore di questi giorni a Gaza è, per il diritto internazionale, crimine di guerra.

Il governo israeliano e il suo esercito devono essere fermati. 

Per questo, oggi serve ottenere misure immediate:

  • il cessate il fuoco su Gaza
  • la rinuncia alla invasione di terra
  • zone sicure nel sud, ma anche nel nord e nel centro di Gaza
  • zone sicure per gli ospedali
  • sicurezza per la popolazione civile
  • apertura regolare del valico di Rafah e libertà di movimento
  • approvvigionamenti regolari, certi e sufficienti alla vita dignitosa della popolazione
  • libertà di azione per le Nazioni Unite e le ONG per il soccorso umanitario

Il governo italiano deve unirsi alle Nazioni Unite, a tanta parte della comunità internazionale, alle Organizzazioni Non Governative impegnate per fermare la strage a Gaza, liberare gli ostaggi, fermare la violenza nella regione, impedire l’allargamento del conflitto.

Sono le condizioni perché possa ripartire, dopo averlo fatto marcire e rinnegato per anni, un negoziato vero per la fine dell’occupazione, per la nascita di uno stato di Palestina indipendente che viva a fianco di Israele in pace, libertà e sicurezza reciproca.

[*dati OCHA (United Nation Office Coordination Humanitarian Affairs) https://ochaopt.org/content/hostilities-gaza-strip-and-israel-flash-update-9]